Lilt, chiude l’ottobre rosa. “Donna ad Honorem” per Giorgio Casati

Si è chiuso l’ottobre rosa della Lilt, ma non si è chiuso certo tutto il discorso dedicato alla cura e alla prevenzione del tumore al seno delle donne. Anzi. Ognuno in questo mese ha fatto la sua parte. Ogni comune della provincia ha illuminato un monumento di rosa, affinchè ogni persona, ogni cittadino, chiedendosi il significato di quel simbolo pensasse automaticamente al proprio corpo e alla propria salute. Ogni volontario della Lilt è andato avanti e indietro per la provincia per partecipare alle iniziative organizzate qua e là. A Minturno per l’apertura, a Gaeta per festeggiare i tre anni della delegazione sud pontino, a Priverno, a Cisterna, a Roccagorga e Maenza per le passeggiate in rosa, a Sermoneta, a Sonnino, a Sabaudia, al Circeo….insomma in ogni Comune c’è stata una iniziativa di richiamo. Le donne sanno che c’è in gioco una grossa partita, perchè in Italia ogni giorno, una donna ogni quindici minuti scopre di essere malata di tumore al seno. Una su otto rischia di esserne colpita. Ma, fortunatamente, oggi il cancro fa meno paura, nonostante i 50mila casi in più ogni anno. Dal carcinoma mammario si può guarire, anzi, si guarisce se alla base di tutto si privilegia la prevenzione e i costanti e indispensabili controlli annuali. Basta accorgersene un attimo prima per raggiungere ottime percentuali di guarigione . E su questo si punta. Lo ha ribadito con la sua esperienza il prefetto,  Maria Rosaria Trio, da sempre amica della Lilt, che non ha voluto mancare per i suoi saluti e per ribadire ancora una volta la sua vicinanza all’Associazione “la Prefettura è aperta per tutte le vostre iniziative”, ha detto. Lo ha ribadito Alessandro Rossi, presidente provinciale della Lilt. Lo ha ribadito il direttore sanitario del presidio ospedaliero nord, Sergio Parrocchia, che ha aperto la giornata.

L’anno scorso grazie a “Ottobre Rosa” nel Lazio sono state effettuate 8.600 mammografie in più, con un aumento del 17% rispetto al 2016. E la copertura si è allargata. Per quest’anno la campagna di screening per il tumore alla mammella si è estesa anche alle donne tra i 45 e i 49 anni, che non rientrano nei percorsi organizzati attivi tutto l’anno. E alle donne dai 70 in su.

A Latina comunque abbiamo qualcosa in più. Grazie all’attivismo dei medici Fabio Ricci, chirurgo senologo, e Carlo De Masi, responsabile clinico radiologia senologica, è stata creata una struttura molto importante nell’ospedale della città: la Breast Unit, struttura assistenziale specializzata nella diagnosi e cura del cancro alla mammella, con un team multidisciplinare che garantisce alla paziente la cura completa della malattia, dallo screening iniziale, fino alla parte finale che riguarda la riabilitazione psico-funzionale. Le donne in questa struttura non vengono lasciate sole, ma si sentono amate e coccolate, dice Marcella Schembari, infermiera professionale che spiega bene come funziona tutta la struttura.

“Chi viene curata in questi centri ha più possibilità di guarire. E ha in più una migliore qualità di vita. Insomma il fatto di non sentirsi abbandonata mette la donna in una condizione privilegiata”, ripete Ricci, presidente della Breast Unit.

“La paziente, spiega, appena viene a sapere di stare male, diventa confusa, disorientata, tanto che in un primo momento, tra il mondo della paziente e gli operatori sanitari si crea un vero e proprio muro, i cosiddetti “modi barriera”, per cui diventa difficile comunicare, far passare informazioni preziose alla donna che, al momento della diagnosi, subisce un terremoto interiore che la fa letteralmente precipitare in una caverna buia senza fondo.

E’ il momento giusto per la sua “presa in carico” dalla équipe multidiciplinare di operatori sanitari che le forniscono informazioni su tutto l’iter diagnostico-terapeutico che dovrà poi affrontare, accompagnandola nel percorso di conoscenza chiamato “spirale virtuosa”.

Insomma la donna percorre progressivamente un cammino a tappe elevandosi ad un livello superiore che, alla fine, la condurrà dalle tenebre della malattia alla luce della guarigione.E’ l’interpretazione in chiave moderna del mito della caverna di Platone”.

La Breast Unit è quindi una realtà multidisciplinare. Partecipa a questo progetto anche la professoressa Antonello Calogero, presidente del corso di laurea di medicina e chirurgia dell’Università di Latina, che annuncia che è pronto, anzi è “tecnicamente pronto” un laboratorio di genetica nei locali dell’università, per uno studio preciso del cancro della mammella. C’è già un genetista…mancano solo i soldi per l’avvio. La ricerca e l’università, va da sé, sono un binomio inscindibile per la cura e per la salute di tutti, ovviamente.

Ricci ha una sorpresa in serbo. Per gratitudine, nomina il direttore generale della Asl di Latina, Giorgio Casati, “donna ad honorem”. Un titolo che non ha eguali e che solo il professor Veronesi ha ricevuto prima di lui. Un titolo affettuoso che venne dato al famoso oncologo, nel 2000, quando era ministro della Salute, in occasione della presentazione di Europa Donna Parlamento. Lui ne è stato sempre molto orgoglioso. Così il direttore che si dice emozionato anche per quello che vive ogni volta in queste giornate organizzate dalla Lilt; del valore che si costruisce attorno a questo tema e che comincia proprio dai comportamenti delle persone che si ammalano e che coinvolge tutta l’Azienda. Un anello vivo, aggiunge, che spinge a migliorare tutti. E annuncia le novità. Nel 2019 cambierà il modello di assistenza sul territorio, “perchè noi stiamo lavorando sulle persone e non sulla malattia”, precisa.

Una giornata bella e sorridente, perchè come diceva Veronesi, “ è importante sorridere alla vita”, anche con il cancro.

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originale su Latinacorriere©
Author: Mariassunta D’Alessio

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