Incidente causato da un cinghiale, risarcimento negato

Gli animali selvatici vivono in libertà e se si resta vittime di un grave incidente stradale a causa loro, perché usciti all’improvviso da un’area naturale, non si ha diritto ad alcun risarcimento. Questo in sintesi quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, respingendo il ricorso di due donne che sono finite con l’auto contro un albero sulla Migliara 54, a Sabaudia, dopo che un cinghiale gli aveva tagliato la strada.

Una vicenda che risale a quattordici anni fa, trascinatasi a lungo nelle aule di giustizia e che è finita con la condanna delle vittime, una delle quali a causa del sinistro finì in coma, a pagare anche le spese legali.

L’incidente risale al 14 dicembre 2005. Le due donne viaggiavano in direzione Borgo Vodice quando un cinghiale uscì all’improvviso dalla foresta. Si scontrarono così con l’animale e finirono la loro corsa contro un albero.

Le vittime fecero quindi causa all’Ente Parco Nazionale del Circeo, alla Regione Lazio e alla Provincia, chiedendo un risarcimento per i danni fisici e per quelli subiti dalla loro auto.

Il Tribunale di Latina ritenne che la responsabilità dell’accaduto fosse dell’Ente Parco e lo condannò a risarcire a una delle due donne quasi 59mila euro e all’altra seimila.

Una sentenza però ribaltata il 14 dicembre 2016 dalla Corte d’Appello di Roma, che ha rigettato le richieste di risarcimento e condannato le vittime anche a pagare le spese legali.

Per i giudici l’Ente Parco non aveva alcun obbligo giuridico di recintare l’intera area protetta e non avrebbe avuto dunque responsabilità nell’accaduto anche se vi era un buco nella rete che delimita il perimetro della foresta.

La Corte d’Appello ha inoltre precisato che in quella zona vi erano segnali di pericolo, che segnalavano il rischio legato al possibile attraversamento della strada da parte della fauna selvatica, e dunque occorreva prestare maggiore attenzione alla guida.

Una tesi che ha convinto anche la Corte di Cassazione, facendo così alle due donne solo un po’ di sconto per quanto riguarda le spese legali.

I giudici hanno quindi ribadito che, per i risarcimenti relativi ai danni causati dalla fauna selvatica, va individuato uno specifico comportamento colposo riconducibile agli enti gestori delle aree protette e che tale comportamento “non può essere individuato nel semplice fatto che la recinzione dell’area presenta qualche rottura, posto che non può essere preteso dall’ente pubblico la recinzione e la segnalazione generalizzata di tutti i perimetri boschivi indipendentemente dalle loro peculiarità concrete”.

E la rete rotta? Secondo i magistrati la recinzione serve a non far entrare nella foresta gli uomini e non a impedire che escano gli animali.

Mentre il legale delle due donne, l’avvocato Alessandro Mariani, sta valutando un ricorso per chiedere la revocazione della sentenza e tornare dunque a discutere della vicenda, quanto stabilito dalla Suprema Corte appare come un precedente importante, che mette a rischio tutte le richieste di risarcimento per chi ha subito incidenti stradali a causa di animali selvatici.

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Author: clemente pistilli

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